Fossi un giovane diplomando avrei un solo sogno. Passato l’esame, goduta l’estate, andare fuori a studiare. Fuggire lontano, vedere il mondo, capire, perdermi.
Non avrei dubbi: questo non può essere il mio posto. O almeno non lo è ora. Troppe difficoltà, troppi ostacoli, troppo provincialismo.
Hai bisogno di suoni e colori, stimoli e idee, gente differente. Hai bisogno di metterti in gioco e capire te stesso. Magari ritornerai, magari non lo sai.
Sarebbe bello andare fuori e poi rientrare un giorno a contribuire alla crescita della propria terra. Ma oggi, è possibile? Quante competenze faticosamente acquisite all’estero, lauree e master, scuole di specializzazione ed esperienza poi vengono prese in considerazione in patria?
Se hai passato anni della tua vita a studiare e lavorare fuori, qui vieni deriso. Sei trattato come un presuntuoso quando presenti un curriculum e snoccioli le tue competenze. Dicono che non sei più dei nostri, troppo serio e troppo professionale. Chi si crede? Dice e pensa cose assurde questo qui. Hai perso l’accento e allora ti trattano da traditore. Hai perso quella cazzo di mentalità e allora sei visto come un sabotatore dello status quo. Un pericolo pubblico.
Ti guardano con sospetto perché non vesti più come loro, non frequenti i loro locali, non fa quel che fanno loro. Ma in fondo tu che ci fai qui? Parti, fuggi. Con qualche lacrima magari, mettendo in conto che dovrai rifarti amicizie e amori. Magari riuscirai magari no. Ma provarci è bellissimo. Rischiare anche di sbagliare. Comunque ne tornerai, in caso di sconfitta, arricchito, diverso, maturo. I tuoi occhi e la tua testa completamente nuove.
Perché queste scelte o le fai ora o ti rammaricherai un giorno di aver perso tempo e di esserti cagliaritanizzato e rincoglionito tra viale Fra Ignazio, lo scioscio al Poetto e l’ennesima serata sold out in disco, a sfoggiare il tuo abitino uguale a tutti, la tua gambetta depilata e la tua macchinina appena regalata da papà.