Un riposo tranquillo, una colazione piena di attenzioni e di cibo e alle 9 meno 5 puntualissimo John si presenta davanti a casa per riprendermi. Via via vai a raccogliere tutti gli altri del gruppo, disseminati in varie case qui a Inverness.
Si parte, giornata strepitosa, sole e un po’ di caldo, non sembriamo neanche in Scozia. Direzione Lochness, posto pieno di leggenda, in questo caso si parla del mostro. È fin troppo ovvio che Nessie non esista ma gli scozzesi che non perdono occasione per spillarti una sterlina, hanno saputo costruirci attorno un bel business con alberghi, camping, gite e l’immancabile merchandising.
Per carità, la gita è bella, il lago è enorme: a livello di volume d’acqua il primo in Uk, leggo. Profondo, scuro, freddo, tutte le componenti migliori per ricamarci il mito del mostro che si nasconde. La crociera parte alle 10,15 in un battello attrezzato anche con bar ed ecoscandaglio che puoi guardare per vedere la presenza di qualche essere non identificato sul fondo. Fa troppo vento fuori, resto una decina di minuti poi vado dentro. Ci avventuriamo in un giro che arriva fin al castello di dove vengono sbarcati quelli che vogliono visitarlo e poi si rientra.
Solo dalla barca si capisce l’immensità di questo temibile pozzo d’acqua nero: non credo sia un posto dove fare un bagno!
Alle 11,30 tutti in pulmino, si riparte! Costeggiamo ancora per mezz’ora Lochness, per farvi capire l’estensione. Incrociamo il primo villaggio poco dopo, dove passa il canale di Caledonia che attraverso un intelligente sistema di chiuse collega ovest e est del paese. Considerata che laghi, fiumi e mare costituiscono qui un unico corso senza soluzione di continuità, ovvero dove finisce l’uno comincia l’altro.
La vegetazione si dirada e in fondo di nuovo ampie montagne innevate. John propone musica folk, e ci tiene ogni volta a specificarlo e a presentarci l’artista che canterà, mentre affondiamo su questo altro scorcio di Scozia.
Brevissima sosta a un monumento di guerra in memoria dei commando inglesi. Sta in una radura da cui si gode un bellissimo panorama: campi, monti innevati e immense vallate. Domina su tutto questo. Ci sono foto di soldati periti nelle guerre, ma anche nelle recenti missioni, come in Afghanistan, come leggo.
Il tempo intanto è cambiato: piove, vento e freddo. Il mio Woolrich aiuta e non poco (ed io che pensavo fosse un inutile ingombro!) John ci scherza su dicendo “avete visto le quattro stagioni?”
Si riparte e la prossima sosta sarà per pranzare, un’oretta dopo, a Fort William, ancora con acqua vicino, un fiume che sembra lago, immancabile. Vado in centro a cercare qualcosa di economico e mi imbatto in un take away caddozzo (come ce ne sono tanti qui) che prepara fritture di ogni tipo. Se vuoi fare un pranzo salubre stacci alla larga. Fish and chips, burgers, potatoes, pudding e tutta roba così a prezzi irrisori. Mi serve un pachistano un po’ scorbutico, 3 euro per un toast senza gloria egg and cheese e una spremuta d’arancia. Quello che sembra più commestibile.
Si riparte, direzione Glencoe, sempre costeggiando un fiume che poi è lago. Il paesaggio è sempre bellissimo, montagne marroni di origine vulcanica.
Glencoe oltre ad essere un piccolo centro, è anche il nome di questa specie di gola lunga e stretta che si inerpica in questa zona montuosa.
Ci fermiamo alle tre sorelle, tre vette ravvicinate teatro, come spiega John, di varie vicende nella storia e oggi meta di trekking e escursioni. Un gelido vento punge. Esco qualche minuto giusto per due foto.
Ancora chilometri, ancora pioggia.
I monti sono imponenti e ben definiti: smussati, sono di derivazione geologica antica, il resto del lavoro l’ha fatto il vento, hanno dei solchi che li percorrono per tutta la loro altezza, se osservi meglio ti accorgi che sono dei piccoli torrenti.
Il paesaggio è elettrizzante: da queste parti hanno girato “Highlander” e “Braveheart”. Chilometri e chilometri di niente, di verde e blu che si mescolano e si compenetrano, al punto da chiederti se arriverai mai in un centro abitato.
Arrivismo a Trossach, il paese dove si uniscono Highlands e Midlands. Parlo un po’ con John e sfodero la classica domanda per attaccar bottone: mai stato in Italia? Sì, un viaggio tra Lazio, Campania, Umbria e Toscana. Ne parla benissimo e dice che ama guidare in Italia. Io sorrido credendo a una presa in giro, aggiungo che siamo matti al volante, ma lui diceva sul serio. E poi, la cucina: pasta pasta, il vino rosso.
Pochi chilometri ci dividono dalla capitale. Da lontano il monumento a William Wallace, una delle ultime cose capaci di catturare la nostra attenzione. Lo noti in tutta la sua imponenza sfidare il grigio del cielo.
Ora siamo in direzione Edimburgo e sentiamo tutta la stanchezza del viaggio. John ci presenta un’altra selezione di canzoni che ci accompagnerà fino alla capitale mentre snocciola le ultime vicende della storia scozzese. Ritorniamo il ponte, rientriamo in città dalla stessa strada da cui eravamo usciti ieri mattina. Piove e traffico. L’escursione sta per finire. Arriviamo in centro, di fronte alla stazione dei treni e ci congediamo. Io vago solitario sotto la pioggia, finché prendo il bus airlink per l’aeroporto (avevo fatto i biglietti online prima di partire). La vettura si presenta straordinariamente moderna ed elegante con wifi e sedili in pelle. Tutto fuorché uno di quei rattoppati bus che spesso vedi. Ci tengono ai particolari. Arrivo alle 21. Sarà una lunga notte, visto che la passerò qui in aeroporto, di fronte alle cinghie dei bagagli. Volo alle 6,30 e si torna in Italia.
Un altro viaggio è finito. La vita riprende di nuovo.