È un venerdì di dicembre, il maestrale sferza nella città del sole dove #soloacagliari è sempre estate – magandu? – e in fondo tutto sembra normale. Ma no, non lo è. Lo percepisci appena imbocchi l’Asse mediano. La gente guida come se stesse scappando da un’apocalisse imminente, ma l’apocalisse è qui: uno spettacolo grottesco di clacson furiosi, indicatori di direzione ignorati.È la fine del mondo come lo conosciamo, e si chiama Natale.
Dentro i centri commerciali, le cose non migliorano. C’è un uomo che corre con tre sacchetti in una mano e un telefono nell’altra, gridando “No, mamma, il maglione col collo alto è finito!”. Una donna strattona suo figlio davanti allo scaffale dei giocattoli mentre scoppia un litigio nell’area profumi: due persone vogliono lo stesso cofanetto Dior. I corridoi del supermercato sono labirinti di carrelli pieni e sguardi minacciosi, i sorrisi di sfida si sprecano, e tutto profuma di consumismo e disperazione.
Fuori, uno sconosciuto ti taglia la strada per rubarti il parcheggio che era già improbabile a causa di una fiera di in doppia fila. Via Sonnino, il regno del “solo un minuto”.
Tu, pecora nera pensi a quanto sia fragile la civiltà, a come basti un paio di lucine natalizie per trasformare un individuo adulto e presumibilmente razionale in un predatore territoriale.
L’atmosfera è insostenibile, ma anche irresistibile, come guardare un treno che deraglia al rallentatore. È Natale, ed è la fine del mondo, almeno fino al 27.