Ieri, durante il volo di ritorno da Lione a Roma, lavoravo su Ableton per portare avanti un nuovo pezzo che uscirà nei prossimi mesi.

Immerso tra i suoni e le idee, non mi ero accorto che il volume fosse attivo. Una traccia è partita per errore, rimbombando prima che potessi collegare le cuffie.

Il mio vicino di posto, incuriosito, ha alzato lo sguardo, ha visto il profilo inconfondibile di Ableton sullo schermo e con un sorriso ha esclamato: “No, alza!”.
Quella semplice battuta è bastata a rompere il ghiaccio.
Ci siamo presentati e ho scoperto che anche lui era un DJ e producer francese.

Da lì è nata una chiacchierata genuina, di quelle che raramente capitano tra sconosciuti. Mi ha dato diverse dritte suo software facendomi notare alcune funzionalità che non conosceva.
Con una gentilezza e un’umiltà che raramente si incontrano nel nostro ambiente dei dj, così pieno di invidia e sgambetti, mi ha raccontato il suo percorso.

“Faccio musica perché mi piace, senza l’ossessione di diventare famoso. Se sono felice io e chi mi circonda, allora va bene così. Seguo l’istinto, senza vincoli di genere”. Eppure lui, ho scoperto, fa tantissime date in giro. Ha un’etichetta e tanto altro, io sono poco a confronto!

Quella libertà di approccio era evidente anche nei suoi gusti: spazia tra techno, trance e una linea funky tirata e originale.

Un incontro casuale, su un volo, lascia una traccia.
Ho pensato molto al destino che anche stavolta offre segnali e coincidenze interessanti.
Ho avuto la fortuna di conoscere una persona che come me vive la musica con la purezza di chi sa che, in fondo, è solo una questione di vibrazioni prima che di like e di consenso: quelle che senti dentro e quelle che riesci a trasmettere.