Incontro un vicino del palazzo di mia madre dove da piccolo abitavo. Quando ero bambino non c’era un gran rapporto, anzi ci disprezzavamo: mi sgridava sempre perché ero una trottola impazzita tra pallone, bicicletta, feste. Ero il classico ragazzino sempre in mezzo alle balle. Il suo arrivo con la sua vecchia auto azzurra faceva scappare frotte di bimbi terrorizzati
Col tempo tutto è cambiato. Naturale scorrere delle cose.
Ci incrociamo mentre sto per andare via. Mi sorride, riesco dalla macchina, è felice di vedermi, gli sorrido. Gli chiedo come stia: lui accenna un sorriso, poi si incupisce. Mi dice della moglie che sta male, è preoccupato e non riesce a prenotare una visita specialistica utile a capire meglio come curare.
Mi racconta tutte le difficoltà. Intuisco la sua ansia. “Ora sto provando qui al Santissima” dopo un assurdo giro delle sette chiese. Chiudo con un “in bocca al lupo” e un sorriso, l’unica cosa che posso fare.
Poi penso: dov’è finita quella frase “andrà tutto bene”, la lezione del covid, le promesse e le altre dichiarazioni?
Senza mettere la croce su nessuno perché sappiamo che è un problema organizzativo e strutturale, ci sono medici e infermieri e in gamba e altri meno, diciamocelo chiaro: la nostra sanità oggi fa schifo.
La cosa più preoccupante è che devi pregare di non ammalarti altrimenti sei fottuto. Non sai come ti può andare. Una roulette russa. Ometto altre storie che ho sentito, alcune anche vicine a me. E questo sarebbe un paese civile e da amare?