Approfittando del sabato mattina, dopo tanto tempo sono tornato alla nostra villetta di famiglia, curiosamente intitolata, secondo l’usanza di questi tempi “villa Tixi”.
La casa da mesi, dalla malattia di papà, è rimasta vuota. Non che il periodo invernale ci vedesse sempre là, ma qualche volta, con i parenti o per i fatti nostri per cene e festicciole di ricorrenza, bevute di bianco sarti, cene degli idioti e grigliate di squadra, si andava. Caminetti accesi, tavole imbandite, chiacchiere e crastuli, sfide all’ultimo fondino, giocate a carte, capodanni e partixi, i miei primi dj set da autodidatta, amori e fidanzamenti, discussioni politiche o semplici chiacchiere sul nulla. Sono passati da queste parti tanti amici e amiche in questi anni, ognuno conserva un ricordo particolare.
Mi sono così adoperato nella veste di spazzacamino, spazzatetto (nuova professione), giardiniere e zeracco d’eccezione, tra le disposizioni di mia madre presente a seguire le operazioni: non sporgerti, stai attento, guarda che cadi.Frasi celebri di ogni rapporto madre-figlio.
Ho notato – come sempre – la mia scarsezza di fronte alla bravura di mio papà e devo sussurrarvi che un po’ me ne sono vergognato. Non ho mai avuto grandi capacità pratiche nel fai da te. Forse perchè non mi sono mai realmente interessato, forse perchè la pazienza non è una delle mie migliori doti, forse perchè qualsiasi lavoro che impegna manualmente non fa parte dei miei skills. Vorrei sempre tutto e subito.
Ma ho fatto del mio meglio. Era impossibile non sentire una punta di nostalgia, in questa giornata grigia con il mare che ringhiava da pochi metri, un alone di malinconia per i tempi andati, per il lavoro fatto da pà, per la passione con cui lui e mia madre hanno tenuto sempre in ordine questa nostra dimora.
Gli oggetti erano in ordine, gli indumenti pure, anche le cose più inutili e insignificanti che lui amava conservare. Una collezione da spavento. Tutto fermo a quel momento in cui la malattia l’ha strappato alla sua vita tranquilla da pensionato. Ma è rimasto ancora il segno forte della sua presenza, del suo lavoro, della sua tranquilla sapienza nel fare.
La lezione piú grande: forse ci accorgiamo troppo tardi del lavoro silenzioso dei nostri genitori, dei loro sacrifici e del tempo passato a costruire. Noi impegnati con le nostre vite, le nostre faccende, le nostre stupide fissazioni giovanili. Così che, quando ci vengono a mancare, le case ci parlano di loro, di quanto hanno fatto per noi e del grande lascito ideale che ci offrono, senza chiedere nulla in cambio.